Ivan Ljubicic, ex tennista ed ormai ex allenatore di Roger Federer, prossimo al ritiro, è intervenuto in esclusiva ai microfoni di Centro Suono Sport 101.5 nel corso della trasmissione “Borderò”. Queste le sue parole:

Che cosa ha rappresentato e rappresenta l’addio di Roger Federer al tennis? 
«Rappresenta la fine di una carriera incredibile, per me non tanto per i numeri ottenuti ma per quello che ha portato al mondo dello sport. Io ritengo che Roger abbia cambiato il tennis, ci abbia fatto vedere che si può dominare e vincere per anni. Ci ha fatto non solo sognare per quanto si può vincere ma anche per come, con un’eleganza ed uno stile davvero speciale. Roger continuerà a fare parte di questo sport perché lo ama fin troppo per sparire, prenderà parte ad esibizioni e giocherà ogni giorno». 

Come era considerato da un avversario Roger Federer? 
«Nel 2006 sono arrivato alle spalle di Rafa Nadal e Roger e mi definivo il primo dei mortali. Lui per 19 anni di fila ha vinto il premio di giocatore preferito dai fans in giro per il mondo, questo dice quanto lui ha dato allo sport. Ha portato la gente a seguire questo sport, se sarà il più vincente o meno ce lo potrà dire soltanto il tempo. I numeri parleranno da soli, ma non c’è un numero che possa spiegare quanto è stato amato e quanto ha avvicinato la gente a questo sport, che per me è la cosa più importante».

La decisione del ritiro la ha condivisa con lei? 
«Ne abbiamo parlato già da dopo Wimbledon l’anno scorso, quando è stato male. Contro Auger-Aliassime è stata una sconfitta brutta perché ha capito di non poter vincere, è stata un’estate molto lunga e turbolenta perché doveva decidere se operarsi o aspettare che il ginocchio migliorasse. Ha optato per l’intervento e le cose sono andate bene fino a qualche settimana fa, quando ha capito che il progresso non era stato abbastanza per portarlo ad essere competitivo ai massimi livelli».

Ha visto un po’ di paura negli occhi di Federer? 
«Non credo abbia paura come l’aveva Totti nel giorno del suo addio o anche io quando mi sono ritirato. Roger è diverso dal punto di vista caratteriale, era un anno che non gareggiava dunque si è preparato per il dopo. Sta facendo una vita normale già da un po’ di tempo, il non-competere nei tornei ufficiali non cambia più di tanto la sua vita. Per lui la famiglia è la cosa più importante, è affezionato alle persone che gli sono più vicine». 

Che cosa le ha lasciato? 
«Mi ha sicuramente insegnato tanto, come gestire certe situazioni e come comportarsi nei momenti difficili. Come vivere. Gli ho dato qualcosa anche dal punto di vista tennistico e nel credere di più in sé stesso, abbiamo vinto tre Slam insieme, ma ho imparato più io da lui. Roger è mio amico, siamo amici da tempo e continueremo ad esserlo, abbiamo condiviso tanti segreti. Non abbiamo mai litigato o discusso, dal punto di vista professionale abbiamo avuto situazioni di discussione per quanto riguarda diverse visioni, ma Roger è una persona molto obiettiva e calma. Ieri ha chiamato me per chiedermi come stessi, non pensa assolutamente che il mondo giri intorno a lui. Abbiamo sempre avuto lo stesso obiettivo, due o tre volte pensavo dovesse giocare un torneo invece che un altro ma nulla più».

Pensa che nelle generazioni che si affacciano a questo sport abbia lasciato qualcosa? 
«La prossima settimana sarà una settimana importante per tutti, proverà a scendere in campo a Londra per l’ultima volta in un torneo ufficiale nella Laver Cup. Sono contento perché ci dovrebbero essere anche Novak Djokovic, Rafa Nadal ed Andy Murray, sicuramente mancheranno i giovani che in questo momento avrebbero voluto esserci come Alcaraz e Jannik Sinner. Ha appassionato tanti a competere e continuerà ad ispirare la gente a fare questo sport».