Davide Moscardelli, ex attaccante con oltre 600 presenze tra i professionisti, è intervenuto in esclusiva ai microfoni di Centro Suono Sport 101.5 durante la trasmissione “Crossover“. Queste le sue parole:
Da giocatore, come si vive la sessione estiva di mercato con la consapevolezza di poter cambiare maglia all’improvviso?
«Fa parte del gioco del calcio ormai da tempo, e sarà sempre così. Magari ti alleni con un compagno, poi tre giorni dopo te lo ritrovi contro. Cambierei il fatto che il mercato resti aperto anche dopo l’inizio dei campionati, ma è così e i calciatori sono abituati. Non è semplice, soprattutto per chi è sul mercato o chi vuole migliorare».
Come è possibile che ci siano calciatori che non vogliono accettare subito la Roma?
«Proprio a me questa domanda…(ride, ndr). La volontà di un calciatore, migliorarsi o fare una nuova esperienza in altri campionati, o andare a guadagnare di più vedi in Arabia, la fa da padrone».
Che cosa può scattare nella mente di un calciatore di 27-28 anni quando riceve un’offerta come quelle dell’Arabia, oltre al discorso economico?
«Milinkovic-Savic è alla Lazio da 8 anni, non sono pochi. Quando un giocatore è forte e vale tanti soldi tutto è possibile. Da calciatore è difficile dire di no a determinate offerte».
Per caratteristiche, quale attaccante vedrebbe bene in giallorosso?
«Sicuramente uscirà a breve un altro nome, oltre a quelli già fatti. Conosciamo benissimo Morata, ha tanta esperienza sia in Italia sia in campo europeo e potrebbe essere un valore aggiunto proprio per questo. Scamacca potrebbe essere l’italiano che torna a casa e vuole dimostrare il valore che ha, è anche giovane. Le caratteristiche sono diverse, ma per la Roma potrebbero andare bene entrambi. Mi piace più Morata per l’esperienza, ma Scamacca può crescere e migliorare perché ha qualità».
Immaginandosi Direttore Sportivo, come si comporterebbe con Belotti?
«Numeri alla mano, che poi è quello che conta per un attaccante, non è stato un anno positivo. L’impegno e la volontà ci sono sempre stati, non era semplice entrare nei meccanismi di una squadra già collaudata. Qualche gol avrebbe fatto comodo sia a lui per avere un po’ di serenità sia ovviamente alla Roma, gli darei un’altra chance a meno che non arrivi un’offerta irrinunciabile».
Come ha vissuto i giorni post-Budapest e come si reagisce a una sconfitta del genere in campo?
«La cosa più difficile è il dopo, soprattutto in campo. Subito dopo non lo realizzi, poi però pensando anche a come è arrivata quella sconfitta ti resta l’amaro in bocca. C’eri andato vicino, tanto vicino, potevi trasformare un’annata così-così in una stagione fantastica. In campo si sarebbe dovuto capire il metro di giudizio dell’arbitro e iniziare a giocare in quel senso, ma alla fine se il metro non è uguale per entrambe le squadre è più complicato gestirlo, soprattutto in una finale e a fine stagione. La condizione mentale, oltre a quella fisica, può farti prendere decisioni sbagliate. Come dice Matic, questo è il calcio».
Come può un giocatore reagire a una determinata direzione arbitrale, come nel caso di Taylor?
«Non credo che un giocatore pensa che possa esserci altro, non mi è mai successo e non credo sia avvenuto in quel momento nella testa dei giocatori. Pensi che ha sbagliato e basta, altrimenti diventa ancora tutto più complicato. Magari a fine partita, più a freddo, puoi chiedere spiegazioni».
Avrebbe segnato il rigore contro il Siviglia?
«Ho smesso di giocare sbagliando l’ultimo rigore, nel calcio i rigori purtroppo si sbagliano. Un peccato non avere avuto tutti i rigoristi a disposizione».
Che cosa vuol dire avere un allenatore come Mourinho in panchina?
«Non punta tutto sul bel gioco, ma più sulla sostanza e a Roma ne ha portata tanta. Sono stati bravi i giocatori a capirlo. Quello è il gioco di Mourinho, sono i giocatori a metterlo in atto. Nel calcio l’importante è il risultato, lo ha raggiunto e lo stava per raggiungere anche quest’anno. Se avessi vinto saresti arrivato in Champions, poi che ne sai…».
Come procede la sua estate?
«Faccio calciotto con Totti durante l’anno, quest’estate ho cominciato il mio primo camp estivo con 60 bambini ed è stata una bellissima esperienza. Spero ce ne siano altri, penso proprio di sì. Abbiamo avuto istruttori con patentini, io non lo ho ma posso dare consigli di campo che sono altrettanto importanti».
Marcello Spaziani